La definizione di condominio
Approcciarsi alla materia condominiale significa prima di tutto capire che cos’è il condominio.
Come per altri istituti, il codice civile non ne fornisce una definizione. Le difficoltà proseguono, in quanto alla domanda che cos’è un condominio è possibile rispondere in diversi modi, essendo il concetto riferibile a svariati profili (materiale, giuridico, ecc.).
Confrontarsi con questi quesiti significa affrontare la materia del diritto condominiale correttamente, comprendendo il giusto significato delle norme che lo regolano, le loro lacune nonché lo spazio loro riservato dal legislatore all’interno del nostro ordinamento.
Condominio e comunione: quale è la differenza
Detto ciò è di primaria importanza definire il condominio. I profili definitori di maggiore interesse sono quelli attinenti la sfera giuridica che guarda alla sua materialità ed alla sua soggettività nel nostro ordinamento. Come anticipato, il codice non definisce che cos’è il condominio.
Si tratta di un istituto relativamente giovane, disciplinato in maniera sistematica solo nel codice del 1942. Il codice del 1865, infatti, non conteneva una disciplina compiuta del condominio.
Il fatto che le norme che lo riguardano siano collocate nel Libro III, relativo alla proprietà e, più nello specifico, nel Capo II del Titolo VII relativo alla comunione, aiuta a capire come il condominio non sia altro che una particolare forma di comunione su di un bene immobile.
La peculiarità rispetto alla più generale disciplina della comunione va rintracciata nel fatto che nel condominio coesistono parti di proprietà esclusiva accanto a parti di proprietà comune. Pertanto, mentre tutti i beni immobili possono essere oggetto di comunione, non tutti possono essere in condominio. Solo per esemplificare, un terreno di proprietà di due, tre o più persone è soggetto alla disciplina della comunione e mai potrebbe essere oggetto di disciplina condominiale. Viceversa, un palazzo che si componga di quattro, cinque o più unità immobiliari potrà essere soggetto tanto alla disciplina della comunione quanto a quella speciale del condominio. Così se le unità immobiliari sono di proprietà esclusiva di diversi soggetti si applicherà la disciplina del condominio. Ciò perché accanto alle parti di proprietà individuale (gli appartamenti) ci saranno quelle parti che per legge dovranno essere considerate di proprietà comune. Tuttavia, qualora lo stesso palazzo sia oggetto di proprietà indivisa tra più persone (ad esempio perché lasciato in eredità dal padre ai propri figli senza assegnazione delle singole unità) esso sarà soggetto alla comunione.
È chiaro, allora, che il tratto distintivo delle due fattispecie va individuato nella diversa conformazione dei diritti di proprietà dei singoli rispetto al bene immobile.
Si può, quindi, affermare che il condominio è una particolare forma di comunione nella quale coesistono parti di proprietà esclusiva e parti di proprietà comune.
Le tipologie di condominio
Data una definizione di condominio, si pone subito il problema di individuare quei casi concreti ai quali si applica la disciplina codicistica.
La questione è stata oggetto dell’evoluzione urbanistico-edilizia degli ultimi anni ed ha incontrato (ed incontra) delle problematiche di non facile soluzione, le quali, sovente, sono state oggetto di intervento giurisprudenziale.
Quando si può dire che si è di fronte ad un condominio?
Condominio minimo
Le domande sono tante quante le conformazioni che può prendere un edificio. Occorre, in primo luogo chiarire che non è necessaria alcuna formula sacramentale affinché si possa dire che si sia costituito un condominio. È sufficiente che sia venduta una sola unità immobiliare dell’edificio. Così, basterà la presenza di due differenti proprietari esclusivi di diverse porzioni dell’immobile (c.d. “condominio minimo”), definiti ai fini di legge “condomini”, perché si debba applicare la disciplina del condominio.
Sul punto, le Sezioni Unite della Cassazione, con l’importante sentenza n. 2046/2006, hanno chiarito che l’esistenza del condominio e l’applicabilità delle norme in materia non dipende dal numero delle persone che ad essa partecipano. Pertanto, “se nell’edificio almeno due piani o porzioni di piano appartengono in proprietà solitaria a persone diverse, il condominio – considerato come situazione soggettiva o come organizzazione – sussiste sulla base della relazione di accessorietà tra cose proprie e comuni e, per conseguenza, indipendente dal numero dei partecipanti trovano applicazione le norme specificatamente previste per il condominio negli edifici“.
Il numero di condomini incide solamente sulla necessità di nominare un amministratore, che è necessario quando i condomini sono più di quattro, o per il regolamento di condominio, che è obbligatorio per i condomini con più di dieci partecipanti.
Un condominio può svilupparsi solo in senso verticale o anche in senso orizzontale?
Condominio verticale e orizzontale
Il condominio, infine, può svilupparsi tanto in senso verticale (il classico edificio condominiale a più piani) quanto in senso orizzontale.
A tal proposito, basta pensare ai residence composti da villette mono o bifamiliari con più servizi in comune (ad esempio, strade interne, illuminazione, ecc.).
Diverso è, invece, il caso in cui più palazzi, già di per sé costituenti degli autonomi condomini nel senso sinora affermato, abbiano beni e/o servizi in comune.
Un condominio può svilupparsi solo in senso verticale o anche in senso orizzontale?
Supercondominio
In tal caso, si è di fronte al c.d. “supercondominio”, che è composto da più edifici condominiali legati tra loro da beni e/o servizi comuni. Così, per esemplificare, un gruppo di quattro o cinque edifici, che abbia in comune un parco o i servizi di fognatura, è catalogabile come supercondominio.
Tutte queste fattispecie, nell’assenza di espressa regolamentazione codicistica, sono state ricondotte per analogia dalla giurisprudenza sotto la disciplina del condominio. Il fatto naturalmente crea non poche difficoltà applicative. Basta pensare, a titolo esemplificativo, ai regolamenti condominiali che, illegittimamente, hanno ritenuto di poter limitare la partecipazione all’assemblea del supercondominio solo agli amministratori dei vari condomini che lo compongono (su tutte, v. Cass. n. 7894/1994).
La natura del condominio
Data una definizione di condominio, si pone subito il problema di individuare quei casi concreti ai quali si applica la disciplina codicistica.
La questione è stata oggetto dell’evoluzione urbanistico-edilizia degli ultimi anni ed ha incontrato (ed incontra) delle problematiche di non facile soluzione, le quali, sovente, sono state oggetto di intervento giurisprudenziale.
Quando si può dire che si è di fronte ad un condominio?
La riforma del condominio
La costante crescita del contenzioso inerente la materia in oggetto nonché l’avanzamento delle moderne tecnologie, della cultura e le mutate istanze sociali hanno spinto il legislatore a rivisitare ed aggiornare l’intera normativa condominiale, cogliendo tutti gli spunti emersi dalla corposa giurisprudenza, di legittimità e di merito, formatasi nel tempo sul tema per far fronte al fabbisogno di tutela giudiziaria e dare una risposta alla grande varietà di quesiti sottoposti alla sua attenzione.
Ecco, quindi, che il 20 novembre 2012 la Commissione Giustizia del Senato della Repubblica ha approvato il testo definitivo della riforma del Condominio: un insieme di articoli che hanno integrato ed aggiornato un ambito giuridico che ha guadagnato e continua a riscuotere sempre più attenzione da parte degli operatori.
Con il nuovo testo della legge 11 dicembre 2012 n. 220 (“Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici”) il legislatore è intervenuto incisivamente su tutta la materia, revisionando alcuni degli articoli più importanti (come ad es. l’art. 1117 e l’art. 1129 sulla figura dell’amministratore) e aggiungendone altri (art. 1117 da bis a quater; art. 1122 bis e ter; art. 1130 bis).
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Avvocato del Foro di Forlì-Cesena • Fondatore e Titolare del sito avvocatofrancescolombardini.it
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